L’adozione della Fatturazione Elettronica nell’Unione Europea in un unico formato utilizzato da tutti gli Stati Membri, anche in chiave anti-evasione, è stata più volte invocata dalla Commissione Europea, al fine di evitare il sorgere di sistemi di rendicontazione digitale isolati. Se ogni paese sviluppa soluzioni indipendenti senza tener conto dell’interoperabilità tra gli stati membri, si rischia di ostacolare la cooperazione internazionale e di minare il mercato interno europeo.
L’Italia (primo paese UE a rendere obbligatoria la fatturazione elettronica), si è dichiarata disponibile ad adeguarsi prontamente ad un nuovo sistema di gestione armonizzato a livello unionale.
Di contro, alcuni stati membri tra cui Francia, Germania, Spagna e Belgio, che ad oggi utilizzano ancora la fattura analogica, hanno recentemente optato per un rinvio nell’adozione della fatturazione elettronica, spostando la data dal 2024 (data in cui era prevista l’adozione del nuovo strumento a livello domestico) al 2026.
Questa decisione “attendista” non è solo guidata dalla volontà di superare ostacoli tecnici, ma tende ad evitare implementazioni “provvisorie” in attesa della fatturazione elettronica intracomunitaria.
Non vi è dubbio che il coordinamento tra stati membri sia essenziale per garantire che questa innovazione aumenti l’efficienza fiscale e rafforzi la cooperazione transfrontaliera, ma non possiamo fare a meno di notare come molti Stati Membri si siano preoccupati di ridurre al minimo i “traumi” per le proprie imprese, rinviando l’adozione di un primo “provvisorio” sistema che, a distanza di qualche anno, avrebbe inevitabilmente ceduto il passo ad un nuovo “sistema centralizzato” a livello unionale.
L’Italia, come prima della classe nel lontano 2019, dovrà attendere ancora qualche anno per mostrare nuovamente la sua “camaleontica” bravura, con la speranza che stavolta non siano ancora le piccole imprese a pagarne il prezzo.