Il decreto Lavoro (Decreto-Legge 4 maggio 2023, n. 48) ha apportato, tra l’altro, importanti modifiche alle sanzioni previste per le omissioni o i ritardi nei versamenti delle ritenute previdenziali operate ai dipendenti.
Fino ad ora, anche in caso di piccole somme omesse o pagate in ritardo, l’Inps irrogava sanzioni da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 50.000 euro.
L’Istituto, a seguito di numerose contestazioni, anche in sede giudiziaria, legate alla sproporzione tra quanto omesso o pagato in ritardo e le sanzioni applicate, su indicazioni del Ministero del Lavoro, con proprio messaggio n. 3516 del 27.09.2022, forniva indicazioni operative volte a ridurre tali sanzioni, riducendole sostanzialmente alla metà.
Ma evidentemente non bastava.
Infatti il legislatore è dovuto intervenire per porre rimedio alla situazione, con l’articolo 23 del decreto in commento, stabilendo che l’omesso pagamento delle ritenute previdenziali sarà punito con una sanzione da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.
Naturalmente, se il datore di lavoro versa le ritenute previdenziali entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione, non sarà punibile né sanzionabile.
La nuova norma si applica anche per il passato, nel rispetto del principio della legge più mite.
Esemplificando: nel caso in cui il datore di lavoro non abbia versato (o versato in ritardo) 300 euro l’anno per tre anni, non dovrà più pagare 15.000 euro di sanzioni (30.000 euro ridotte alla metà), ma pagherà da un minimo di 1.350,00 euro (900*1.5) fino ad un massimo di 3.600 euro (900*4).
Questa modifica normativa rappresenta un passo importante per garantire una maggiore equità e proporzionalità, eliminando sanzioni “monstre” applicate anche per poche centinaia di euro, come nell’esempio appena descritto.