La recente sentenza della Corte di Cassazione -Sezione TRI-Civile del 12 giugno 2023 n. 16595 ha gettato nuova luce sulla “vexata quaestio” dell’incasso giuridico in caso di rinuncia dei crediti da parte dei soci verso le società partecipate, fornendo un’importante ed innovativa interpretazione in relazione alla tassazione di tali crediti rinunciati.
In precedenza, la rinuncia del socio a un credito nei confronti della società veniva equiparata ad un incasso (giuridico), con la conseguenza che per il socio diventava un importo tassabile, pur non avendolo materialmente incassato.
La sentenza in commento, nonostante gli orientamenti precedenti della Suprema Corte, di segno contrario, ha rigettato l’applicazione di tale principio, sottolineando che l’articolo 88, comma 4-bis, del Tuir, introdotto dal Decreto Internazionalizzazione a fine 2015, ha eliminato qualsiasi motivo per applicare l’incasso giuridico.
Per la società, la rinuncia al credito genera una sopravvenienza attiva ed il socio non va, giustamente, tassato, né tantomeno vi sarà alcun incremento della propria quota di partecipazione societaria, in quanto il valore fiscalmente riconosciuto del credito rinunciato sarà pari a zero.
L’impatto di tale sentenza avrà una portata ben più ampia, in quanto applicabile per analogia anche ad altre situazioni, come la rinuncia al trattamento di fine mandato dei soci-amministratori.
In sostanza, l’abbandono da parte del Fisco di una tesi non più attuale e l’adozione di un approccio più equo e simmetrico nella determinazione del reddito tassabile, non potrà far altro che favorire un clima di distensione nei rapporti col contribuente, da sempre desiderato ed invocato.