La Corte di Cassazione, con sentenza n. 4365 del 13 febbraio 2023 chiarisce un concetto importante, spesso non considerato dall’Agenzia Entrate in fase di recupero a tassazione di costi non inerenti.
Testualmente, precisa che “la riconosciuta estraneità del bene all’attività commerciale dell’imprenditore, se importa l’indeducibilità dei relativi costi, deve comportare l’esclusione dal reddito di impresa dei corrispondenti componenti positivi derivanti dall’utilizzo di quel bene”.
IL CASO
L’Agenzia emetteva un avviso di accertamento nei confronti di una società che deteneva in leasing un’imbarcazione, apparentemente per attività di “noleggio o charter” a terzi, ma di fatto utilizzata a scopi personali del socio e dei suoi familiari, disconoscendo unicamente i costi relativi allo yacht.
Attraverso i vari gradi di giudizio, si è giunti in Cassazione.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso della società che lamentava la mancata esclusione dei ricavi legati al bene, ha ricordato che la Costituzione stessa giustifica l’imposizione fiscale in base alla capacità contributiva del contribuente e che, pertanto, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i ricavi afferenti a costi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.
Trattandosi di una situazione di interposizione soggettiva (l’utilizzo in via quasi esclusiva, da parte del socio, dell’imbarcazione intestata alla società) se da un lato comporta l’indeducibilità dei costi legati al bene, deve necessariamente comportare l’esclusione dal reddito di impresa dei corrispondenti ricavi derivanti dall’utilizzo di quel bene.