Il diritto alla retribuzione dell’amministratore di una società di capitali è un argomento di grande rilevanza giuridica, che ha visto la Corte di Cassazione esprimere orientamenti chiari ed univoci.
Infatti, il diritto alla retribuzione dell’amministratore può essere derogato a causa della “specialità” del rapporto di amministrazione, caratterizzato da un’organica immedesimazione, escludendo così un rapporto di natura contrattuale.
Pertanto, l’onerosità non costituisce un elemento essenziale dell’attività dell’amministratore. In altre parole, il compenso non è un requisito fondamentale per l’attività dell’amministratore, attività che può anche essere svolta gratuitamente.
Questa rinuncia deve emergere chiaramente dalla condotta dell’amministratore, che riveli in modo inequivocabile la sua volontà di rinunciare al compenso. L’inerzia o il silenzio non sono sufficienti per configurare una rinuncia tacita.
La Suprema Corte ha recentemente ribadito questi principi nella Ordinanza n. 20644/2023, sottolineando che la rinuncia all’indennità dell’amministratore può essere valida quando l’amministratore manifesti, in modo univoco, la sua volontà di rinuncia e ciò risulti da circostanze esterne, che conferiscano un chiaro significato negoziale al suo comportamento.
In altri termini, la gratuità delle prestazioni dell’amministratore dovrà essere chiaramente prevista dallo statuto societario o dichiarato, anche in assemblea, dall’amministratore, in quanto il silenzio, inteso come assenso, non pone l’azienda al riparo da tangibili profili di rischio circa un’eventuale rivendicazione, da parte dell’interessato, della mancata percezione del compenso.
Riteniamo utile a questo punto anche un accenno sull’eventuale, per lo più infondata, presa di posizione da parte del Fisco che, in materia di imposte sui redditi, potrebbe presumere l’onerosità del mandato, con un “compenso astrattamente tassabile”, in assenza di prova contraria da parte del contribuente.
Anche in questo caso la Corte di Cassazione è stata molto netta, con una chiara decisione pro-contribuente (Cass. n. 2671/1998 e n. 16530/2018).
In conclusione, è fondamentale far emergere chiaramente la volontà dell’amministratore in merito alla gratuità della sua funzione, tenendo ben presente che, in assenza di altre fonti di reddito da parte dello stesso, l’Agenzia delle Entrate potrebbe provare a determinare “induttivamente” un ipotetico compenso.
– L. Romano –