Autore: Luigi Romano
In risposta ad un interpello (n. 460/2023) l’Agenzia delle Entrate chiarisce che non è possibile utilizzare un credito d’imposta in scadenza per compensare il versamento di IVA non effettivamente dovuta. In altre parole, la società non può utilizzare un credito d’imposta per pagare un debito fiscale non realmente dovuto, con l’intenzione di chiedere successivamente il rimborso.
Capita di trovarsi in situazioni in cui un credito d’imposta spettante sia soggetto ad una scadenza, come ad esempio i bonus edilizi acquisiti da terzi e, in alcuni casi, per non rischiare di perderli, si è tentati dalla possibilità di ricorrere ad una compensazione con altri tributi, magari non dovuti, al fine di ridare “nuova vita” ad un credito ormai al capolinea.
Ma la risposta di Agenzia non concede margini di manovra, respingendo la soluzione prospettata in sede di interpello dal contribuente, in quanto si arriverebbe al paradosso di far rivivere un credito prossimo alla scadenza, attraverso il “travaso” indiretto in un altro credito (IVA) rimborsabile.
Questo approccio, secondo l’Agenzia, eluderebbe i limiti di utilizzo del credito d’imposta e cambierebbe arbitrariamente la natura del credito da agevolazione a eccedenza IVA.
In sintesi, la società non può utilizzare il credito d’imposta per compensare l’IVA non dovuta in modo artificioso, e tale proposta potrebbe essere considerata un tentativo di manipolare il sistema per ottenere un rimborso di credito IVA.
Naturalmente, nulla vieta che tale credito possa essere utilizzato in maniera “genuina” ad esempio con l’acconto Iva in scadenza il 27 dicembre, magari calcolato in base al metodo previsionale, tenendo però in debita considerazione che determinati comportamenti, sfacciatamente elusivi, potrebbero, a buon diritto, essere contestati per i motivi appena evidenziati.
In buona sostanza, la ragionevolezza è d’obbligo!