Dopo la recente, ennesima sentenza n. 7495/2024 della Corte di Cassazione, depositata il 20 marzo 2024, che ha delineato un importante principio riguardante la tassazione delle cessioni totalitarie di quote societarie, stabilendo che queste non possono essere riqualificate come cessioni indirette di azienda, il giorno successivo, con una nuova sentenza (Corte di Cassazione – Sezione TRI-Civile –Sentenza del 21 marzo 2024 n. 7613) la suprema Corte ha inteso consolidare ulteriormente questo orientamento, sottolineando che anche in presenza di clausole di aggiustamento del prezzo (price adjustment) o di indennizzo (indemnity clauses), l’imposta di registro deve essere sempre liquidata in misura fissa.
La sentenza è di particolare interesse poiché affronta in dettaglio il tema delle clausole di aggiustamento prezzo e di indennizzo presenti nei contratti di cessione di quote societarie, ribadendo che la tassazione deve avvenire in base all’effetto giuridico degli atti, non a quello economico.
Le clausole di “garanzia” del venditore in relazione alle sopravvenienze passive sono comuni nei contratti di cessione di quote societarie. Queste clausole consentono all’acquirente di ridurre il corrispettivo della cessione o di ottenere un indennizzo dopo il pagamento del prezzo, nel caso in cui emergano passività non note al momento della cessione.
Le clausole di “indemnity” si differenziano dalle clausole di “price adjustment” perché agiscono su piani diversi.
Queste ultime riguardano la determinazione del prezzo definitivo di cessione delle quote societarie, basato su parametri patrimoniali o reddituali della società “target” calcolati alla data del closing. Queste clausole permettono di adeguare il prezzo provvisorio in base ai cambiamenti del “valore rilevante” della società tra la data di riferimento e la data del closing (ad esempio al termine di un pagamento rateale del prezzo), garantendo che il prezzo rifletta correttamente la situazione finanziaria attuale della società.
Le clausole di “indemnity” invece riguardano l’obbligo del venditore di indennizzare l’acquirente nel caso in cui emergano passività non note al momento della cessione che influenzano il valore delle azioni o quote acquistate. Queste clausole sono considerate “meccanismi patologici” e intervengono solo se vi è una violazione delle clausole di “garanzia convenzionale”, con l’obiettivo di ripristinare l’equilibrio tra le prestazioni contrattuali.
In sintesi, mentre le clausole di “price adjustment” sono strumentali alla determinazione del prezzo definitivo di cessione delle quote, le clausole di “indennity” intervengono solo in caso di violazione delle clausole di garanzia e mirano a ripristinare l’equilibrio contrattuale tra le parti.
Queste distinzioni sono fondamentali per comprendere il funzionamento dei contratti di cessione di quote societarie e il ruolo delle clausole di garanzia nel mitigare i rischi per le parti coinvolte.
La Cassazione ha chiarito che queste clausole non alterano la natura della transazione e quindi non giustificano una tassazione proporzionale, come invece l’amministrazione finanziaria avrebbe auspicato.
In definitiva, la Suprema Corte accoglie le doglianze del contribuente e, decidendo nel merito, annulla l’avviso di rettifica e liquidazione emesso da Agenzia Entrate, condannando quest’ultima al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei ricorrenti.
Autore: Luigi Romano