Con la sentenza pubblicata il 5 febbraio 2024, numero 3202 la Corte di Cassazione – Sez. civile 5, in accoglimento del ricorso proposto da una famosa Fondazione contro l’Agenzia delle Entrate, ha ribadito un principio fondamentale in materia di accertamento del maggior valore di un immobile soggetto a trasferimento: i valori dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) da soli non sono dotati di autosufficienza indiziaria per supportare la legittimità degli atti impositivi. La reintroduzione della presunzione semplice non esclude la necessità che il giudice fondi il proprio convincimento su un elemento dotato dei requisiti di precisione e gravità.

Il modello o approccio presuntivo non può essere applicato esclusivamente al valore OMI, che richiede la combinazione con ulteriori indizi. La Corte ha precisato che anche in materia di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può basarsi unicamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato ed il valore del bene secondo le quotazioni OMI, poiché queste forniscono solo indicazioni di massima e non costituiscono una fonte di prova del valore venale in comune commercio.

La sentenza ha sottolineato che le quotazioni OMI non possono essere considerate come fonte tipica di prova ma come strumento di ausilio nella valutazione estimativa, in quanto forniscono indicazioni di larga massima, mentre il giudice deve basare il proprio convincimento su presunzioni gravi, precise e concordanti.

Nel caso specifico, l’avviso di liquidazione si fondava esclusivamente sulle quotazioni OMI e su altre fonti simili, senza adattamenti mirati alla situazione specifica dell’immobile oggetto del trasferimento. Le osservazioni della Corte hanno evidenziato che i valori OMI, secondo la stessa fonte istitutiva, sono privi di autosufficienza e non rispondono ai requisiti della presunzione qualificata.

Inoltre, la Corte ha richiamato l’attenzione sull’importanza dell’integrazione dei valori OMI con altre informazioni in possesso dell’Ufficio, sottolineando che l’OMI non può sostituire la stima del valore venale del bene immobile. Le indicazioni fornite dall’Agenzia del Territorio confermano che i dati OMI sono elementi di sintesi e ausilio, ma non possono rimpiazzare l’attività estimativa che porta all’identificazione del valore venale.

In definitiva, a nostro parere, il giudizio espresso dalla Suprema Corte rappresenta anche un invito, rivolto all’Amministrazione Finanziaria, ad individuare elementi più robusti a sostegno della pretesa impositiva, poiché troppo spesso la “standardizzazione” degli accertamenti, di fatto, non tiene conto di particolari fattispecie che meritano senz’altro ulteriori approfondimenti, al fine (nobile) di favorire il dialogo col contribuente ed evitare inutili contenziosi che, nel confermare l’infondatezza del gravame, talvolta “abbinano” alla sconfitta il pagamento delle spese del giudizio, indirettamente a carico della collettività.

Autore: Luigi Romano

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