In un contesto di crescente bisogno di incentivazione economica dell’area ZES, su cui il Governo ha puntato molto, il credito d’imposta investimenti gioca un ruolo centrale nella strategia di sviluppo e attrazione degli investimenti nel Sud Italia, con particolare attenzione alla modernizzazione delle infrastrutture esistenti e alla creazione di nuove opportunità industriali.

La misura, prorogata con la legge di Bilancio 2025, prevede un impegno finanziario notevole, con uno stanziamento di 2,2 miliardi di euro per l’anno 2025. Il credito d’imposta è rivolto alle imprese che realizzano investimenti, da un minimo di 200mila euro ad un massimo di 100 milioni di euro, in beni strumentali nuovi, quali macchinari, impianti ed attrezzature essenziali per la produzione, così come l’acquisto di terreni e la realizzazione di immobili strumentali. Questi ultimi, però, non possono superare il 50% dell’investimento totale, al fine di garantire un focus sugli assets produttivi diretti.

Il contributo, sotto forma di credito d’imposta, concesso nella misura massima consentita dalla medesima Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, può arrivare in determinate regioni anche al 70% degli investimenti agevolabili.

L’iter da seguire, sulla falsa riga di quanto già stabilito per la precedente edizione, prevede la presentazione di un’istanza dal 31 marzo al 30 maggio 2025, che dovrebbe includere gli investimenti effettuati dal 16 novembre 2024 al 15 novembre 2025, anche se, proprio la legge di Bilancio ha previsto che gli investimenti agevolabili rientrino in un perimetro più ristretto (1° gennaio 2025-15 novembre 2025).

Andrà pertanto chiarita questa incongruenza, magari profittando del provvedimento attuativo che detterà le regole tecniche per l’accesso al contributo, al fine di evitare confusione tra i potenziali beneficiari.

Tornando all’iter, una volta completati gli investimenti, le imprese presenteranno, tra il 18 novembre ed il 2 dicembre 2025, una comunicazione integrativa, che confermerà la realizzazione degli investimenti (senza modifiche di sorta) e il credito d’imposta potenzialmente spettante, che sarà reso noto con un successivo provvedimento di Agenzia delle Entrate.

L’istanza dovrà contenere anche gli estremi delle fatture elettroniche relative agli investimenti realizzati e della certificazione attestante l’effettiva realizzazione dell’investimento, redatta da un revisore o da una società di revisione. In caso di investimenti non comprovati da fattura, bisognerà inoltrare la documentazione probatoria dell’investimento, accompagnata dalla certificazione, direttamente all’Agenzia delle Entrate.

Da non trascurare il cumulo tra tax-credit ZES e Transizione 5.0, in precedenza non consentito, per espressa previsione normativa.

Un altro aspetto, non secondario, che sarà probabilmente chiarito con l’atteso provvedimento agenziale, riguarda l’esito del primo invio (prenotazione investimenti dal 31 marzo al 30 maggio 2025), che dovrebbe consentire alle imprese di verificare la “tenuta” dello stanziamento, al fine di comprendere se i fondi sono sufficienti ed evitare “corse” al buio per realizzare gli investimenti, magari per qualche milione di euro, nell’arco di pochi mesi.

E’ pur vero che un progetto d’investimento che si rispetti, soprattutto se di importo considerevole, dovrebbe essere programmato in anticipo, ma l’accesso tempestivo a tali informazioni potrebbe indurre potenzialmente le aziende a presentare (e realizzare) progetti più ambiziosi, anziché adottare un approccio più cauto o attendista. Questa informazione potrebbe quindi fungere da catalizzatore per l’avvio di progetti che altrimenti potrebbero non essere considerati immediatamente realizzabili a causa di limitazioni di bilancio.

Potrebbe, altresì, incentivare le imprese a cercare ulteriori fonti di finanziamento esterne, sapendo che parte degli investimenti sarà coperta dal credito d’imposta, utilizzando quest’ultimo come leva per “alzare il tiro” ed incrementare il potenziale impatto positivo dei loro progetti di investimento a beneficio della crescita e della competitività sui mercati.

Per le regioni del Mezzogiorno, in particolare, una maggiore certezza finanziaria potrebbe oltretutto accelerare i piani di sviluppo regionale e attrarre investimenti anche da parte di imprese non locali, portando ad una crescita economica più omogenea e contribuendo significativamente alla riduzione delle differenze con le regioni a nord dello stivale.

Staremo a vedere.

Autore: Luigi Romano

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